Bonus investimenti Sud: l’agevolazione fiscale è tassabile?

La legge di Stabilità 2016 (l. n. 208/2015), per gli anni dal 2016 al 2019, ha introdotto un bonus investimenti al Sud.
Si tratta di un credito d’imposta calcolato sull’ammontare degli acquisti di beni strumentali (impianti, macchinari e attrezzature) da parte delle imprese ubicate nelle regioni Molise, Sardegna, Abbruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia nella misura massima del 20% per le piccole imprese, 15% per le medie imprese e 10% per le grandi imprese; successivamente, l’art. 7-quater del D.L. n. 143/2016 ha innalzato la misura massima consentita del credito e ha eliminato la rilevanza degli ammortamenti nel calcolo dell’ammontare dell’investimento.
Viene analizzata di seguito la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate la quale, nella circolare n. 34/E/2016, ha evidenziato “…in assenza di un’espressa previsione normativa, il credito di imposta è da considerarsi rilevante ai fini fiscali…è da considerarsi come contributo tassabile”. In realtà esistono argomenti per sostenere il contrario.

La vera intenzione del Legislatore era assoggettare il credito a tassazione? Una circolare può integrare il contenuto di una legge? Si tratta di interrogativi di non marginale importanza.

Bonus Sud e tassazione

Il “bonus Sud” è stato già introdotto in passato, dapprima con la legge n. 388/2000 art. 8 e, successivamente, con la legge n. 296/2006 art. 1 co. 271-279; la disciplina è rimasta sostanzialmente invariata, le novità introdotte hanno riguardato l’ambito oggettivo di applicazione e l’intensità del credito. Nelle precedenti edizioni era espressamente previsto che esso non concorresse a tassazione sia ai fini IRAP che alle imposte sui redditi (art. 8 co. 5 l. n. 388/2000 e art. co. 276 l. n. 296/2006).

Il “bonus Sud 2016” non è altro che un’ideale continuazione dei precedenti, frutto dell’intenzione di ridurre il dislivello tra le imprese del Sud e del resto di Italia e ragioni sistematiche portano a sostenere che, se il Legislatore, differentemente al passato, avesse voluto portarlo a tassazione lo avrebbe espressamente previsto. Nel silenzio della Legge non è compito di altri integrare una determinata normativa.
Il nostro sistema giuridico è basato sul rispetto di quelle che sono chiamate “fonti del diritto”, collocate secondo una logica piramidale che vede al secondo livello “leggi, decreti leggi, decreti legislativi”. In questa gerarchia non vi sono però le circolari che, dunque, non costituiscono fonti del diritto e, quindi, non sono vincolanti. La circolare interpreta una legge ma non può riscriverla, è un atto interno a un pubblico ufficio, diretto agli organi di tale ufficio e ai loro dipendenti.
In casi del genere ciò che sta alla base di ogni interpretazione, è lo spirito della Legge; si legge nella relazione illustrativa alla legge n. 208/2015 “considerando il minore sviluppo del settore manifatturiero nel Mezzogiorno…per tenere conto delle difficoltà della situazione economica e nell’accesso al credito…”; difatti, l’intensità del credito, inizialmente quantificato nelle percentuali sopra indicate è stata ulteriormente innalzata, con decorrenza dal 1° marzo 2017, a ulteriore riprova della volontà di incentivarne l’utilizzo: tassando il credito la stessa agevolazione prevista dalla Legge verrebbe notevolmente svilita.
Tramutando quanto sostenuto in un esempio, se una società di capitali “piccola impresa”, soggetta ad IRES, effettuasse, nell’anno 2019, nella regione Sicilia, un investimento in macchinari agevolabile di euro 100.000,00, avrebbe diritto a un credito d’imposta pari a euro 45.000,00; sottoponendo il credito a tassazione (negli anni di ammortamento dei cespiti) la società subirebbe una maggiore tassazione ai fini IRES di Euro 10.800,00 (aliquota IRES pro-tempore vigente 24%) e IRAP di euro 2.169,00 (aliquota ordinaria IRAP in Sicilia 4,82%), quindi vedrebbe ridursi l’incentivo a euro 32.031,00 (il 13% in meno!).

Ne discende che, sul filo dei principi qui enunciati, quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate non sia condivisibile; a oggi, tuttavia, non esistono pronunce giurisprudenziali che possano confermare o smentire tale impostazione.

Tesi dell’Agenzia delle Entrate

La tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate importa anche una riflessione in tema di aiuti alle imprese. La Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020 prevede dei limiti massimi di aiuto da concedere alle imprese ubicate nelle aree ex articolo 107, paragrafo 3, lettere a) e c), del TFUE (aree ove è concesso il credito d’imposta):

1. il 25 per cento per le grandi imprese situate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna;
2. il 10 per cento per le grandi imprese situate in alcuni Comuni delle Regioni Abbruzzi e Molise;
Dette percentuali possono essere maggiorate di un massimo di 20 punti percentuali per le piccole imprese o di un massimo di 10 punti percentuali per le imprese di piccole dimensioni.
Riprendendo il precedente esempio, se alla piccola società di capitali che realizza investimenti in Sicilia, gli fosse concesso un credito d’imposta nella misura massima del 45%, avrebbe raggiunto l’intensità massima di aiuto tale da non poter fruire di altri incentivi sullo stesso investimento. Invero, seguendo la tesi dell’Agenzia delle Entrate, la tassazione del credito determina una riduzione dell’intensità di aiuto con la possibilità di fruire di ulteriori incentivi sullo stesso investimento fino a concorrenza dell’intensità massima (nel caso trattato fino a concorrenza del 45% – intensità massima d’aiuto prevista per le piccole imprese della Sicilia)
A complemento di quanto precede l’Agenzia delle Entrate considera il bonus Sud quale “contributo” e lo annovera fra quelli “in conto impianti”: anche tale aspetto merita una riflessione. Il credito d’imposta, pur configurandosi come un aiuto di Stato (in deroga) alle imprese, si differenzia dai contributi sotto vari profili. Tale forma di incentivazione consiste in un risparmio per l’impresa beneficiaria dovuto alla riduzione dei tributi, ed è perciò un bonus fiscale.
Ai fini delle imposte sui redditi, nel Testo Unico non è contenuta alcuna definizione di contributo in conto impianti e pertanto dobbiamo analizzare quella contenuta nell’OIC 16che li definisce quali “somme erogate da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) alla società per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione e ampliamento di immobilizzazioni materiali, commisurati al costo delle medesime”: nel caso del “bonus Sud” lo Stato riconosce in realtà un “bonus fiscale” sugli investimenti effettuati; difatti le imprese devono comunque disporre della provvista finanziaria necessaria per l’acquisto.
A livello contabile, per esigenze tecniche, si ritiene giusta l’assimilazione al contributo in conto impianti, ma è corretto considerarlo un “bonus fiscale” esente da imposizione, così come lo erano quelli del 2000 e del 2006: di conseguenza, in sede di redazione del Modello Unico, dovrà essere operata una variazione in diminuzione sia ai fini IRAP che delle imposte sui redditi (se società o persona fisica in contabilità ordinaria).
Ancora, in nessun articolo del Testo Unico è disciplinata la fattispecie relativa alla tassazione del contributo in conto impianti per esempio l’art. 88 co. 3 lett. b) esclude dalla tassazione quali sopravvenienze attive i contributi erogati per l’acquisto di beni strumentali indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato.