Contributo a fondo perduto: chi ne ha diritto e come richiederlo

La concessione del contributo a fondo perduto, come previsto dal decreto Rilancio (D,L. n. 34/2020) arriva al termine di un lungo dibattito che ha indotto il Governo ad optare per l’erogazione di un contributo a pioggia, fatta eccezione per particolari categorie, con l’auspicio che favorisca effettivamente la ripresa economica.

Considerato che i dipendenti, di norma, sono stati collocati in cassa integrazione con conseguente aggravio del relativo compenso a carico dello Stato, l’entità del contributo deve essere ritenuto più che soddisfacente, fermo restando che da parte degli interessati sarà considerato insoddisfacente.

Individuazione delle categorie interessate

Il contributo è riconosciuto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA,

Al riguardo, va evidenziato che, mentre da un lato, è richiesta la titolarità della partita IVA (il che implica che sono esclusi sia i soggetti che hanno esercitato le medesime attività in via occasionale sia quelli che l’hanno effettuata “in nero”) ai fini della corretta individuazione occorre fare riferimento alle norme del TUIR.
Sotto tale aspetto il testo normativo può alimentare alcuni dubbi atteso che mentre per l’esercizio dell’impresa la titolarità di una partita IVA elimina qualsiasi incertezza, qualche perplessità potrebbe sorgere per quanto concerne l’esercizio di attività professionali.
In merito, occorre ricordare che l’art. 53 TUIR disciplina due macro categorie; quelle tipiche dell’esercizio di arti e professioni effettuate per professione abituale ancorché non in via esclusiva (primo comma) e quelle assimilate (secondo comma). Relativamente a queste ultime, mentre per alcuni casi è di tutta evidenza l’assenza dei presupposti (partecipazione agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di spa) per altri qualche dubbio potrebbe risultare legittimo (ad esempio, utilizzazione economica di brevetti industriali, processi, formule, ecc.).
In altre parole, la titolarità della partita IVA, oggettivamente considerata, è di per sé sufficiente?
La risposta dovrebbe essere negativa atteso che occorre comunque richiamarsi alla ratio della norma che sembrerebbe riferirsi soltanto alla prima categoria dei redditi professionali.

Il contributo spetta anche ai titolari di reddito agrario di cui all’art. 32 TUIR a prescindere se conseguito da persone fisiche ovvero da società.

Categorie escluse

Sono esclusi dal beneficio le seguenti categorie di soggetti:

– contribuenti che hanno cessato l’attività alla data di presentazione dell’istanza;
– enti pubblici che esercitano funzioni statali ovvero attività previdenziali, assistenziali e sanitarie ove costituiti esclusivamente a tali fini;
– le aziende sanitarie locali;
– enti privati di previdenza obbligatoria che esercitano attività previdenziali e assistenziali;
– gli intermediari finanziari e le società di partecipazione (art. 162 bis TUIR);
– professionisti e lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi ai quali è stata riconosciuta un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro (art. 27 D.L n. 18/2020);
– i lavoratori dello spettacolo ai quali è stata riconosciuta un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro (art. 38 D.L. n. 18/2020);
– i lavoratori dipendenti e professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria.

Presupposti

Le tre categorie interessate (imprenditori, lavoratori autonomi, percettori di redditi agrari) hanno diritto al contributo a fondo perduto a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore di due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

A prescindere dall’ammontare del fatturato, il contributo spetta comunque anche ai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 nonché ai soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19.

Ai fini in esame i ricavi e compensi sono determinati facendo riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.

Determinazione del contributo

L’ammontare del contributo a fondo perduto è determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

In particolare, detto contributo è determinato applicando le seguenti percentuali:
a) 20 per cento per i soggetti con ricavi o compensi non superiori a quattrocentomila euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data del 19 maggio 2020;
b) 15 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a quattrocentomila euro e fino a un milione di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data de1 19 maggio 2020
c) 10 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a un milione di euro e fino a cinque milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata data de1 19 maggio 2020.
L’importo non può essere comunque inferiore a mille euro per le persone fisiche e a duemila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Il contributo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi, non rileva ai fini della determinazione degli interessi passivi deducibili, delle spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi e non concorre alla formazione del valore della produzione netta.

L’Agenzia delle Entrate procede all’accredito della somma dovuta qualora non sussistano controindicazioni direttamente in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario.

Richiesta del contributo

I soggetti interessati presentano, esclusivamente in via telematica, direttamente o a mezzo intermediario delegato autocertificando la sussistenza dei requisiti entro sessanta giorni dalla data di avvio della procedura telematica per la presentazione della stessa, come definita con apposito provvedimento, da emanare, del Direttore dell’Agenzia delle Entrate con il quale saranno determinate le modalità di effettuazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione della stessa e ogni altro elemento necessario all’attuazione.

Si evidenzia che la citata istanza contiene anche l’autocertificazione di regolarità antimafia di tutti dei soggetti da sottoporre a verifica (imprese individuali, associazioni, imprese, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese, e degli altri soggetti indicati negli artt. 185, comma 1 e 2, D, lg n. 159/2011) e di non trovarsi nelle altre condizioni ostative in materia di normativa antimafia.
Al fine di prevenire infiltrazioni da parte della criminalità organizzata è prevista la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra Ministero economia e finanze e Agenzia delle Entrate per l’effettuazione di controlli anche con la procedura semplifica.

Inoltre, dovrà essere stipulato un protocollo tra Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza ai fini della trasmissione dei dati e delle informazioni rilevabili dalle richieste di contributo nonché quelle relative ai contributi erogati utilizzabili nell’ambito delle autonome attività di polizia economico finanziaria.

Sanzioni

In presenza di una causa ostativa rilevata a seguito di riscontri effettuati dall’Agenzia delle Entrate (cause di decadenza, divieto, sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa), a carico del soggetto che ha rilasciato l’autocertificazione di regolarità antimafia è irrogabile la reclusione da due a sei anni.

In caso di avvenuta indebita percezione si applica la sanzione della reclusione da sei mesi a tre anni a meno che la somma indebitamente precipita sia inferiore a 3.999.96 euro nel qual caso è irrogabile soltanto la sanzione amministrativa variabile da 6.164 a 25.822 euro.

Recupero contributo non spettante

Per le attività di controllo dei dati dichiarati si applicano le disposizioni di carattere generale in materia di accertamento.

Qualora dall’attività di controllo emerge che il contributo sia in tutto o in parte non spettante, anche a seguito del mancato superamento della verifica antimafia, l’Agenzia delle Entrate recupera il contributo non spettante, irrogando le sanzioni da 100 a 200 per cento del contributo percepito, e gli interessi (5%).
Qualora, poi, sia configurabile il reato di indebita compensazione, l’atto di recupero emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo ente con le modalità previste in materia di accertamento.

Eventuali controversie rientrano nella giurisdizione delle commissioni tributarie secondo principi generali in materia di contenzioso tributario.

Cessazione attività

Qualora successivamente all’erogazione del contributo, l’attività d’impresa o di lavoro autonomo cessi o le società e gli altri enti percettori cessino l’attività, il soggetto firmatario dell’istanza inviata in via telematica all’Agenzia delle Entrate è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli a richiesta agli organi istruttori dell’amministrazione finanziaria.

In questi casi, l’eventuale atto di recupero è emanato nei confronti del soggetto firmatario dell’istanza.