Cura Italia: il credito d’imposta per negozi e botteghe non è tassabile

Il bonus per negozi e botteghe non è un’agevolazione fiscalmente rilevante. Il contributo pertanto non è tassabile.

La precisazione è stata introdotta con il maxiemendamento interamente sostitutivo del decreto Cura Italia, approvato dal Senato in prima lettura il 9 aprile 2020. Ora il provvedimento, che deve essere convertito in legge entro il 16 maggio, passa all’esame della Camera.

Cos’è il credito d’imposta affitti

Il credito d’imposta, previsto dall’articolo 65, è riconosciuto agli esercenti attività di vendita al dettaglio “non essenziali” che hanno dovuto sospendere l’attività ai sensi del DPCM 11 marzo 2020 ed è pari al 60% delle spese sostenute per il mese di marzo 2020 per canoni di locazione purché relativi ad immobili classificati nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe).

Il beneficio non spetta invece alle attività non soggette agli obblighi di chiusura, in quanto identificate come essenziali, indicate negli allegati 1 e 2 del suddetto DPCM dell’11 marzo 2020, quali a titolo esemplificativo:
– negozi di generi alimentari di prima necessità;
– farmacie e parafarmacie;
– ottici;
– ferramenta e materiale elettrico;
– edicole;
– lavanderie, anche industriali;
– tintorie;
– servizi di pompe funebri.
Per poter beneficiare del bonus, come anche precisato dal MEF nelle FAQ pubblicate sul proprio sito, il locatario deve quindi:
– essere titolare di un’attività economica, di vendita di beni e servizi al pubblico, oggetto di sospensione in quanto non rientrante tra quelle identificate come essenziali;
– essere intestatario di un contratto di locazione di immobile rientrante nella categoria catastale C/1.
Il MEF ha inoltre specificato che il credito d’imposta è applicabile ai contratti di locazione di negozi e botteghe, rimanendo esclusi i contratti aventi ad oggetto, oltre alla mera disponibilità dell’immobile, anche altri beni e servizi, quali i contratti di affitto di ramo d’azienda o altre forme contrattuali che regolino i rapporti tra locatario e proprietario per gli immobili ad uso commerciali.

Secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 8/E/2020 (risposta 3.2), sono, inoltre, esclusi dal credito d’imposta i contratti di locazione di immobili rientranti nelle altre categorie catastali anche se aventi destinazione commerciale, come ad esempio la categoria D/8 (Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni).

Utilizzo in compensazione

Il credito d’imposta è utilizzabile dal 25 marzo 2020, esclusivamente in compensazione tramite il modello F24, da presentare unicamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate (codice tributo “6914”, istituito con la risoluzione n. 13/E/2020).

In base a quanto indicato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 8/E/2020 (risposta 3.1), l’agevolazione matura a seguito dell’avvenuto pagamento del canone di locazione.

Rilevanza fiscale

Con il maxiemendamento al decreto Cura Italia, approvato dal Senato, è stata introdotta un’importante specificazione in merito alla rilevanza fiscale del credito di imposta.

In particolare, è stato precisato che tale credito non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell’IRAP.
La novità era particolarmente attesa dalle imprese, in quanto in assenza di un’espressa disposizione, tale agevolazione sarebbe stata da considerarsi rilevante ai fini fiscali. Ciò avrebbe comportato che, il credito sarebbe stato un contributo tassabile ai fini IRPEF, IRES ed IRAP, con la conseguenza che si sarebbe ridotto il beneficio reale.
La disposizione introdotta dal maxiemendamento stabilisce, inoltre, che, il credito d’imposta:
– non rileva ai fini della determinazione della quota di interessi passivi deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell’articolo 61 del TUIR;
– non rileva ai fini della determinazione della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del TUIR.
Né nell’originaria versione dell’articolo 65 né nel maxiemendamento nulla viene previsto relativamente ai limiti di utilizzo del credito d’imposta.
Pure in assenza di espressa previsione in tal senso, si ritiene che tale credito d’imposta non è soggetto:
– al limite annuale di 250.000 euro per l’utilizzo dei crediti d’imposta (di cui all’articolo 1, comma 53, della Legge n. 244/2007);
– al limite generale di compensabilità di crediti di imposta e contributi di cui all’articolo 34 della legge n. 388/2000, pari a 700.000 euro.

Tali limiti, infatti, come indicato nella risoluzione del Dipartimento delle Finanze n. 9/DF del 3 aprile 2008, non trovano applicazione nei confronti dei crediti d’imposta nascenti dall’applicazione di discipline agevolative sovvenzionali, consistenti nell’erogazione di contributi pubblici sotto forma di crediti compensabili con debiti tributari (o contributivi). Principio, questo, affermato dal Ministero delle finanze con circolare 219/E del 18 settembre 1998 e successivamente ribadito con risoluzione n. 86/E del 24 maggio 1999.

Credito di imposta in pillole

Soggetti beneficiari
Soggetti esercenti un’attività economica, di vendita di beni e servizi al pubblico, oggetto di sospensione ai sensi del Dpcm 11 marzo 2020in quanto non rientrante tra quelle identificate come essenziali
Misura
60% delle spese sostenute a marzo 2020 per canoni di locazione purché relativi ad immobili rientranti nella categoria catastale C/1
Utilizzo
Utilizzabile dal 25 marzo 2020, soltanto in compensazione tramite il modello F24, da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate (codice tributo 6914)
Rilevanza fiscale
Il maxiemendamento al decreto cura Italia ha precisato che il credito di imposta:
– non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi né alla determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’Irap;
– non rileva ai fini della determinazione della quota di interessi passivi deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell’articolo 61 del TUIR;
– non rileva ai fini della determinazione della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del TUIR.