Per il contributo a fondo perduto non spettante risponde chi firma l’istanza

Il decreto Rilancio prevede la possibilità, in presenza dei presupposti ivi stabiliti, di erogare ai contribuenti che ne abbiano fatto esplicita richiesta, un contributo a fondo perduto. È una delle misure messe in campo per fare fronte all’emergenza epidemiologica di Covid-19 e per assicurare i primi aiuti economici alle imprese e ai professionisti.
È interessante osservare che, nonostante la somma da erogare non abbia natura tributaria, l’operazione sarà gestita quasi integralmente dall’Agenzia delle entrate. L’istanza dovrà essere inviata, anche avvalendosi di intermediari abilitati, all’Amministrazione finanziaria, la quale effettuerà le operazioni di controllo e, in presenza di tutte le condizioni di legge, erogherà il contributo.

L’operazione determina, però, l’assunzione di una rilevante responsabilità del soggetto che sottoscrive l’istanza. Infatti, in presenza di determinate condizioni, l’atto di recupero del credito a seguito della non spettanza del contributo, potrà essere emanato direttamente nei confronti del soggetto firmatario dell’istanza stessa.

Il controllo del fatturato

Non è casuale la circostanza che il legislatore abbia subordinato il diritto a fruire del contributo alla contrazione del fatturato, per almeno un terzo, del mese di aprile 2020, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il fatturato è costituito in prima approssimazione dalla sommatoria delle fatture emesse indipendentemente dalla prestazione effettuata. Ad esempio, sono comprese nel fatturato le cessioni di beni ammortizzabili.

L’Agenzia delle Entrate sarà in grado di acquisire autonomamente l’importo del fatturato accedendo al Sistema di Interscambio e quindi verificare, prima di erogare il contributo, se il fatturato sia effettivamente diminuito di almeno un terzo rispetto al corrispondente mese di aprile dello scorso anno.

L’invio dell’istanza all’Agenzia delle Entrate

L’istanza relativa alla richiesta del contributo dovrà essere inviata all’Agenzia delle Entrate direttamente o anche tramite intermediario. La trasmissione telematica dovrà essere effettuata entro 60 giorni dall’apertura del canale telematico. L’istanza dovrà contenere anche l’autocertificazione di regolarità antimafia.

I problemi nascono nei casi in cui il contributo sia erogato e successivamente l’Agenzia delle Entrate ravvisi l’inesistenza delle condizioni che attribuivano il diritto alla percezione della somma.
La disposizione prevede che l’Agenzia delle Entrate recuperi il contributo non spettante irrogando le relative sanzioni previste dall’art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/1997, oltre alla richiesta dei relativi interessi. La norma prevede l’irrogazione di una sanzione in misura variabile dal 100 al 200% della somma erogata. Inoltre, non è neppure possibile fruire della definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, D.Lgs. n. 472/1997.

La disposizione in commento prevede che per le controversie relative allatto di recupero si applichino le disposizioni previste dal D.Lgs. n. 546/1992. L’organo competente a giudicare sugli eventuali contenziosi è dunque rappresentato dalla Commissione Tributaria.

La responsabilità del soggetto che ha sottoscritto l’istanza

La parte della disposizione che desta le maggiori perplessità è rappresentata da quella che affronta il tema della responsabilità del soggetto che ha sottoscritto l’istanza. In particolare, si prevede che:

“Qualora successivamente all’erogazione del contributo, l’attività di impresa o di lavoro autonomo cessi o le società e gli altri enti percettori cessino l’attività, il soggetto firmatario dell’istanza inviata in via telematica all’Agenzia delle Entrate […] è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli a richiesta agli orfani istruttori dell’amministrazione finanziaria. In questi casi, l’eventuale atto di recupero […] è emanato nei confronti del soggetto firmatario dell’istanza”.
La previsione vuole significare che, in caso di cessazione dell’attività della società che ha chiesto il contributo, prima posta in liquidazione e poi cancellata dal Registro delle Imprese, l’Agenzia delle Entrate potrà rivolgersi direttamente all’amministratore che ha sottoscritto l’istanza con la richiesta dal contributo.
Sembra, quindi, in base a un’interpretazione letterale della disposizione in rassegna che l’Agenzia delle entrate potrà “aggredire” direttamente il patrimonio dell’amministratore per recuperare il contributo che non avrebbe dovuto essere corrisposto.
Sembra quasi che il legislatore abbia inteso dissuadere i soggetti interessati alla richiesta del contributo mettendo loro di fronte alle rilevanti ed evidenti responsabilità in mancanza delle condizioni che consentano di fruire del contributo.