Proroga della CIGS per i contratti di solidarietà: come richiederla

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Il decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2019 apporta alcune novità in materia di proroga della CIGS, per riorganizzazione o crisi aziendale, estendendo la portata dell’istituto anche alle imprese che hanno stipulato il contratto di solidarietà. In quest’ultimo caso l’attivazione della proroga, per un massimo di dodici mesi, richiede la permanenza dell’esubero dichiarato nell’accordo sindacale, che ha dato origine all’intervento integrativo salariale straordinario, nonché la presentazione di piani di gestione finalizzati alla salvaguardia dell’occupazione concordati con la Regione o le Province interessate. Ma, tecnicamente, quali passaggi sono necessari per poter chiedere la proroga?

Proroga CIGS

Viene ipotizzata, a determinate condizioni, la proroga dell’intervento di CIGS per la causali di riorganizzazione e di crisi aziendale (ed ora, per effetto dell’art. 25 del D.L. n. 119/2018, anche del contratto di solidarietà): nella sostanza (è bene precisarlo sin dall’inizio), ci si trova di fronte ad uno sforamento sia del limite massimo del quinquennio mobile che di quello particolare previsto per le singole causali (24 mesi per la ristrutturazione, 12 mesi per la crisi aziendale e 24 mesi per la solidarietà).
Ciò lo si deduce dal fatto che il testo normativo parla, espressamente, di deroga agli articoli 4 e 22, comma 2, 3 e 5 (questi due ultimi citati dal predetto art. 25), del D.Lgs. n. 148/2015. Tale possibilità, comunque, non ha natura strutturale, ma viene limitata agli anni 2018 e 2019 all’interno di un tetto di spesa annuale pari a 100 milioni di euro che debbono coprire anche i “bisogni” susseguenti alla proroga del contratto di solidarietà, in quanto il nuovo provvedimento estensivo a tale ammortizzatore, non ha previsto, al momento, nuove coperture economiche.
La possibilità di proroga non è generale, ma circoscritta ad alcune specifiche aziende in possesso di determinati elementi che, ora, non sono più dimensionali, ma, unicamente, soggettivi.
La proroga era, prima riservata, alle imprese che presentavano un organico superiore ai 100 dipendenti: tale requisito, previsto al comma 1, dell’art. 22-bis, è stato cancellato dall’art. 25 del D.L. n. 119/2018. Tali aziende (questo è da intendersi quale requisito soggettivo) debbono rivestire, nel contesto regionale territoriale, una rilevanza strategica anche per le ricadute occupazionali e, inoltre, (requisito essenziale) debbono aver raggiunto o star per raggiungere il limite massimo di utilizzo.
Alcuni chiarimenti, oltremodo necessari, sono stati forniti, per le causali di ristrutturazione e crisi aziendale dalla Direzione Generale per gli Ammortizzatori Sociali e la Formazione del Ministero del Lavoro, con la circolare n. 2/2018, formulata con il parere positivo dell’Ufficio Legislativo, alla quale si è aggiunta, il 29 ottobre 2018, la circolare n. 16 con la quale, oltre a sottolineare le novità introdotte, vengono chiarite alcune questioni operative sorte nel corso dei primi mesi di vigenza della precedente disposizione.
A parere di chi scrive, sono due gli elementi da prendere in considerazione, atteso che il requisito dimensionale non è più da tenere in considerazione: la rilevanza strategica ed il raggiungimento del tetto massimo integrabile.
La rilevanza strategica dell’impresa viene in considerazione non tanto per il tipo di lavorazione (anche se ciò non è escluso), quanto per le ricadute negative sull’occupazione che potrebbero causare, nel particolare contesto territoriale, forti squilibri occupazionali. Di qui la necessità di dimostrare la sussistenza di tale requisito anche attraverso interventi delle Regioni interessate e dei servizi per l’impiego che, in un certo senso, debbono farsi “garanti” di tale asserzione, promuovendo attivamente iniziative di politica attiva.
Il secondo requisito concerne il raggiungimento del traguardo rappresentato dal limite massimo o l’avvicinamento allo stesso: ciò significa che, in presenza degli elementi appena sopra evidenziati, sarà opportuno presentare, in tempo, l’istanza di proroga, avvalendosi dell’usuale canale telematico della CIGS on-line sul quale ci si soffermerà successivamente alla luce dei chiarimenti operativi esplicitati nella circolare n. 2/2018.

Durata massima della proroga

Ma, quale è la durata massima della proroga e, soprattutto, a quali condizioni può essere concessa?
La circolare n. 2/2018 premette che il trattamento integrativo di cui parla l’art. 22 bis va inteso come prosecuzione, anche con soluzione di continuità, di un trattamento di CIGS, magari anche concluso nel corso del 2017: esso deve rappresentare una sorta di continuazione ed implementazione delle azioni di risanamento già portate avanti. La stessa cosa deve, ora, intendersi per il contratto di solidarietà, come ricordato dalla circolare n. 16/2018.
Il Legislatore effettua alcuni “distinguo”, tenendo presente, in ogni caso, che, a partire dal 24 settembre 2017, le ore integrabili (art. 22) per le ipotesi di CIGS non possono superare l’80% di quelle lavorabili nell’arco di tempo del programma autorizzato, come fu chiarito, allora, sotto l’aspetto operativo dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 16/2017:
a) per l’ipotesi di riorganizzazione aziendale, lo “sforamento” può raggiungere i dodici mesi, nel caso in cui il programma di investimenti ex art. 21, comma 2, che è alla base della precedente autorizzazione, sia caratterizzato da una complessità di investimenti che non sono attuabili nel limite massimo del biennio previsto (e qui, sarà necessario dimostrare il tutto attraverso precise e puntuali relazioni tecniche) o (ma le due causali possono ben sussistere insieme) che vi siano piani di recupero occupazionale con le relative azioni di riqualificazione che non sono stati attuati, completamente, durante l’arco temporale dei 24 mesi.
Vale la pena di ricordare come l’ipotesi “riorganizzazione” preveda una percentuale di ricollocazione pari ad almeno il 70% del personale interessato alla integrazione salariale e che, nel raggiungimento di tale percentuale rientrano coloro che restano nell’unità produttiva al termine del periodo di integrazione, coloro che sono stati trasferiti in altra unità produttiva o sono stati ricollocati presso altre imprese o che, infine, hanno risolto il proprio rapporto attraverso provvedimenti “non oppositivi” (nella sostanza, risoluzioni consensuali o accettazione volontaria del licenziamento, magari supportato da incentivi all’esodo).
La salvaguardia dei livelli occupazionali richiede l’indicazione di specifiche azioni di politiche attive concordate con gli Enti regionali e territoriali interessati, anche nell’ipotesi in cui ad essere coinvolte siano più Regioni in quanto le unità produttive interessate insistono in territori diversi;
b) per l’ipotesi di crisi aziendale (che, è bene ricordarlo, richiede, sempre, la ripresa dell’attività produttiva, in quanto quella “per cessazione di attività” ha proprie regole inserite nell’art. 44 del D.L. n. 109/2018), l’integrazione salariale straordinaria “addizionale”, può essere concessa per un massimo di sei mesi: ciò che si richiede è che il piano di risanamento già presentato ex art. 21, comma 3, del D.Lgs. n. 148/2015, necessiti di interventi complessi, non attuabili nei dodici mesi “canonici”, finalizzati a garantire la continuazione dell’attività e la salvaguardia dell’occupazione. Anche in questo caso vanno indicate le specifiche azioni di politiche attive concordate con la Regione o le Regioni interessate.
Per quel che riguarda il contratto di solidarietà l’attivazione della proroga, per un massimo di dodici mesi (art. 25 del D.L. n. 119/2018) richiede:
a) la permanenza dell’esubero, magari anche parziale, dichiarato nell’accordo sindacale che ha dato origine all’intervento integrativo salariale straordinario;
a) la presentazione di piani di gestione finalizzati alla salvaguardia dell’occupazione anche concordati con la Regione o le Regioni interessate (o le Province autonome)

Requisiti per chiedere la proroga

Ma, tecnicamente, quali passaggi sono necessari per poter chiedere la proroga?
Il Legislatore richiede:
a) un accordo sindacale che va stipulato al Ministero del Lavoro, presso la sede della Direzione Generale dei Rapporti di Lavoro e delle Relazioni Industriali con la presenza della Regione interessata o, qualora la richiesta di proroga riguardi più unità produttive ubicate in contesti territoriali regionali diversi, anche delle altre Regioni.
La presenza di tali Enti territoriali ha una propria specifica rilevanza in quanto è attraverso gli stessi ed i dipendenti centri per l’impiego che passa un possibile percorso di riqualificazione e di ricollocazione dei lavoratori eccedentari. Essa sta a significare, altresì, un impegno diretto e preminente nell’attuazione dei piani di politiche attive concordate;
b) la presentazione di piani operativi volti alla salvaguardia occupazionale all’interno di specifiche azioni di politiche attive concordate con la Regione o le Regioni interessate. Ad avviso di chi scrive, (ma il ragionamento che si segue vale anche per l’ipotesi sub a) le azioni di politica attiva potrebbero passare anche attraverso la ricollocazione dei lavoratori in CIGS di cui parla il comma 136 dell’art. 1, della l. 204/2017 con il quale è stato inserito nella normativa sugli ammortizzatori sociali, l’art. 24-bis. Da ciò discende che le parti (datore di lavoro e organizzazioni sindacali) potrebbero stipulare un accordo finalizzato ad individuare il settore o le aree ed i profili professionali ritenuti eccedentari, che i lavoratori interessati potrebbero decidere di aderire la percorso di ricollocazione, che i servizi del lavoro, direttamente, o attraverso Agenzie o Enti accreditati scelti dagli interessati, una volta “profilati” i soggetti interessati, li avviano verso una ricollocazione mirata, che i dipendenti possono fruire del vantaggio dell’esenzione IRPEF fino ad un massimo di nove mensilità sulle somme connesse alla cessazione del rapporto (ad esempio, incentivo all’esodo) oltre ad usufruire del 50% dell’indennità di CIGS se il periodo di concessione non è ancora terminato e che l’impresa “assumente” può fruire di uno sgravio contributivo di 4.030 euro all’anno (con esclusione di quanto dovuto all’INAIL) per ogni lavoratore interessato, per dodici mesi in caso di assunzione a termine o per diciotto mesi se il rapporto viene instaurato a tempo indeterminato.
La contribuzione addizionale dovuta dall’impresa è quella prevista dall’art. 5 del D.Lgs. n. 148/2015: essendo stabilita, per scaglioni, e legata alla durata complessiva degli ammortizzatori all’interno del quinquennio mobile (quindi, massimo 36 mesi) essa, presumibilmente, nella maggior parte dei casi, sarà pari al 15%, calcolata sulla retribuzione globale che sarebbe spettata ad ogni lavoratore per le ore di lavoro non prestate.

Presentazione dell’istanza di proroga

Le circolari n. 2 e n. 16 del 2018 ricordano, in maniera precisa e puntuale, i passaggi collegati alla presentazione dell’istanza di proroga che va, unicamente, inviata attraverso l’applicativo della CIGSonline.
In questo caso ci si trova di fronte ad un intervento di integrazione salariale che esula dai principi generali e che, comunque, appare garantito dalla sottoscrizione dell’accordo in sede ministeriale e dalla presenza degli Enti regionali coinvolti.
Da ciò discende che la effettiva necessità di garantire, da un lato, stabilità al trattamento integrativo di sostegno nei confronti dei lavoratori coinvolti e, dall’altro, la continuità aziendale, fanno si che le disposizioni procedimentali previste dall’art. 25 del D.Lgs. n. 148/2015, non trovino applicazione (presentazione dell’istanza, attraverso il sistema telematico, entro sette giorni dalla stipula dell’accordo). Tale concetto si trova anche per la “CIGS per cessazione di attività”, reintrodotta nel nostro ordinamento, con alcune condizioni, dall’art. 44 del D.L. n. 109/2018 (“Decreto per Genova”). Le domande vengono esaminate seguendo l’ordine cronologico di presentazione ed entro il limite delle risorse assegnate per ciascun anno di riferimento.
Al comma 6, dell’art. 25, si fa riferimento alla attività di controllo degli organi di vigilanza degli Ispettorati territoriali del Lavoro: essi dovranno, comunque, procedere alle verifiche finalizzate all’accertamento degli impegni aziendali nei tre mesi antecedenti la conclusione dell’intervento integrativo salariale, con tutte le conseguenze del caso allorquando emerga che il programma presentato dall’impresa non sia stato realizzato completamente o in parte.
Alla istanza, inviata telematicamente, va allegata copia dell’accordo raggiunto in sede ministeriale ed una relazione che attesti la presenza dei requisiti che possono dar luogo alla ulteriore richiesta di CIGS (ed ora anche, in attesa degli ulteriori chiarimenti amministrativi, anche del contratto di solidarietà).
La circolare n. 2/2018 ricorda, poi, che le risorse finanziarie (100 milioni di euro all’anno per il 2018 ed il 2019) sono tratte dal Fondo Sociale per l’occupazione e la Formazione (art. 18, comma 1, lettera a) del D.L. n. 185/2008) e che il monitoraggio della spesa sostenuta è affidato all’INPS. L’Istituto, con cadenza mensile, trasmette i dati sia alla Direzione Generale degli Ammortizzatori e della Formazione che a quella dei Rapporti di Lavoro e delle Relazioni Industriali. Ovviamente, qualora dal monitoraggio risulti, anche in via prospettica, il superamento dei limiti annuali, una immediata comunicazione dovrà essere fornita alle due Direzioni generali.

Risposte a quesiti

Da ultimo, vanno esaminate alcune precisazioni che, con la circolare n. 16/2018, il Dicastero del Lavoro ha inteso fornire a quesiti intervenuti nei mesi scorsi:

  • il trattamento di CIGS aggiuntivo va inteso come prosecuzione del precedente intervento salariale concluso nel 2018 a meno che l’esubero di personale non sia stato risolto anche con procedure collettive di riduzione di personale;
  • il periodo congruo, ai fini del far ritenere, come attuale, le difficoltà lamentate dall’azienda, viene considerato all’interno dell’arco temporale di 3 mesi antecedenti l’emanazione della circolare avvenuta il 29 ottobre;
  • il ricorso alla proroga è possibile anche per quelle imprese che, per effetto del raggiungimento del tetto massimo fruibile nel quinquennio mobile, non abbiano avuto la possibilità di ottenere il trattamento di CIGS per le durate indicate dagli art. 4 22 del D.Lgs. n. 148/2015. Ovviamente, la durata è strettamente correlata al programma aziendale;
  • la proroga è possibile anche in favore di quelle imprese che abbiano fruito di CIGS e che, in presenza di criticità aziendali ed occupazionali ancora sussistenti, hanno fatto ricorso ad altri strumenti di integrazione salariale straordinaria od ordinaria;
  • gli effetti dell’accordo da stipulare in sede governativa (passaggio essenziale) possono essere limitati, per un’impresa che ha unità produttive dislocate in più Regioni, soltanto a quelle nelle quali è stata riconosciuta la particolare rilevanza economica ed occupazionale dall’Ente regionale interessato;
  • la presentazione della domanda finalizzata al raggiungimento dell’accordo in sede ministeriale (Direzione Generale dei Rapporti di Lavoro e delle Relazioni Industriali) è sottoposta ad un termine che, sotto l’aspetto amministrativo, non appare derogabile: non prima dei 60 giorni antecedenti l’avvio della proroga del trattamento integrativo