Retribuzioni in contanti e in nero: scatta la doppia sanzione per i datori di lavoro

Se il lavoratore in nero è pagato in contanti scatta la doppia sanzione. Pur essendo altamente improbabile che il datore di lavoro utilizzi strumenti tracciabili per retribuire lavoratori non in regola, il non averlo fatto lo espone alla sanzione specifica che, sottolinea l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota n. 294 del 9 novembre 2018, non è incompatibile con la maxisanzione.
Le incompatibilità di quest’ultima con altre sanzioni per inadempienze in materia di lavoro sono indicate nell’articolo 3, del D.L. 112/2002 che, in caso di irrogazione della sanzione per lavoro nero, esclude l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 19, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 276/2003, nonché delle sanzioni di cui all’articolo 39, comma 7, del D.L. 25 n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008.

Cumulo di sanzioni

Si tratta di un blocco di sanzioni comminate per le irregolarità nella procedura di assunzione del lavoratore e per la mancata o scorretta tenuta del Libro unico del lavoro (LUL). Pertanto, la mancata, espressa, esclusione dell’applicazione della sanzione comminata per l’utilizzo dei contanti per il pagamento delle retribuzioni ne comporta l’irrogazione anche in caso di rapporto di lavoro irregolare.
D’altro canto, il comma 911 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2018 (legge n. 205/2017) sancisce chiaramente che i datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato. In tal senso il successivo comma 912 individua quale rapporto di lavoro, ai fini del comma 910, ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto,
Non è però trascurabile che il comma 910 della legge n. 205/2017 faccia espresso riferimento alla “corresponsione” della retribuzione, il che comporta che l’illecito si configura solo quando sia accertata l’effettiva corresponsione in contanti della retribuzione stessa. Ma, sottolinea l’INL, se viene accertato il pagamento giornaliero in contanti della prestazione resa, ogni pagamento costituisce illecito punibile, quindi, con la sanzione da 1.000 a 5.000 euro per ogni giornata in cui sia stato accertato l’avvenuto pagamento in contanti.
Non rileva, invece, il numero dei lavoratori coinvolti, in quanto la sanzione va calcolata in base al numero dei pagamenti non tracciabili effettuati nell’arco temporale considerato, a prescindere dal numero di lavoratori coinvolti come affermato anche dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con nota n. 5828 del 4 luglio 2018.

Maxi-sanzione per lavoro irregolare

La suddetta sanzione si cumula pertanto con la sanzione amministrativa pecuniaria comminata per il rapporto di lavoro instaurato senza la preventiva comunicazione al Centro per l’impiego, di cui all’art.3, comma 3, del D.L. n. 12/2002 come modificato dal D.Lgs. n.151/2015:
a) da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
b) da euro 3.000 a euro 18.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da trentuno e sino a 60 giorni di effettivo lavoro;
c) da euro 6.000 a euro 36.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.
Per l’irrogazione della suddetta sanzione trova applicazione la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 124/2004, e successive modificazioni.
Sottolinea però l’INL con la nota n. 294/2018 in commento che potrebbe essere applicata anche la diffida accertativa qualora la somma erogata (seppure in contanti) fosse inferiore a quanto spettante con l’applicazione del CCNL riferibile al datore di lavoro.