Rivalutazione dei beni d’impresa: quanto conviene

La legge di Bilancio 2019 (art. 1, commi da 940 a 947, legge n. 145/2018) ha reintrodotto la possibilità, per i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio, di rivalutare i beni d’impresa (con alcune esclusioni) e le partecipazioni in società controllate e collegate.

Nel corso del tempo sono state proposte, in più riprese, norme speciali di rivalutazione con il medesimo obiettivo di adeguare il valore in bilancio ed il valore fiscale dei beni delle imprese al loro maggior valore di mercato, come previsto da esempio dalla legge n. 342/2000 (richiamata dalla legge n. 145/2018 ed oggetto di attuazione da parte del D.M. n. 162/2001 e n. 86/2002), dalla legge n. 311/2004 e, ancora, dalla legge n. 232/2016.

Alla luce dell’esplicito richiamo da parte della legge n. 145/2018 alle precedenti norme per la rivalutazione, si possono ritenere applicabili le precisazioni già fornite sul tema dall’Amministrazione finanziaria con le circolari n. 13/E/2014, n. 11/E/2009, n. 18/E/2006 e n. 14/E/2017.

Ambito soggettivo

Ai sensi dell’art. 1, comma 940, della legge di Bilancio 2019, la possibilità di fruire del regime di rivalutazione è riservata ai soggetti ITA-GAAP indicati nell’art. 73, comma 1, lettere a) e b), TUIR.

Inoltre – per effetto del rinvio da parte della legge n. 145/2018 alla legge n. 342/2000 – dovrebbero essere ammesse alla rivalutazione le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice ed equiparate, le imprese individuali, le società di persone in contabilità semplificata, gli enti non commerciali e le società ed enti non residenti con stabile organizzazione in Italia (previo il rispetto dei dovuti adempimenti e delle formalità richieste nelle varie fattispecie).

Ambito oggettivo e tempistiche

Come previsto dall’art. 1, comma 940, legge n. 145/2018, possono formare oggetto di rivalutazione i beni d’impresa (diversi da quelli destinati alla produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa), nonché le partecipazioni in società controllate e collegate contabilizzate tra le immobilizzazioni.

Stante la natura facoltativa della rivalutazione, i soggetti interessati possono scegliere di operarla solo per alcuni dei beni rientranti nel perimetro applicativo della norma. Tuttavia, ove si opti per la rivalutazione, questa deve riguardare obbligatoriamente tutti i beni appartenenti alla medesima categoria (c.d. “categorie omogenee”, individuate dall’art. 4, D.M. n. 162/2001, richiamato dall’art. 1, comma 946, legge n. 145/2018). I requisiti di appartenenza alle diverse categorie sono quelli esistenti alla data di chiusura del bilancio in cui è eseguita la rivalutazione.

La disciplina è applicabile alle immobilizzazioni materiali ammortizzabili e non ammortizzabili, alle immobilizzazioni immateriali costituite da beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati ed alle partecipazioni immobilizzate in società controllate o collegate (ai sensi dell’articolo 2359 c.c.). In linea con i precedenti chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria, la rivalutazione non è applicabile (cfr. circolare n. 14/E/2017, par. 1):

– ai beni materiali e immateriali alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa (compresi gli immobili, e.g. materie prime, merci, prodotti finiti);

– all’avviamento, ai costi pluriennali, ai beni monetari (e.g. denaro, crediti, obbligazioni);

– alle partecipazioni che non di controllo o di collegamento;

– alle partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, ancorché di controllo o di collegamento.

I beni oggetto di rivalutazione sono quelli risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 e la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, per il quale il termine di approvazione scade successivamente al 1° gennaio 2019, data di entrata in vigore della legge di Bilancio 2019 (ex art. 19 della medesima Legge), ovvero nell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2018 per i contribuenti “solari”.

Imposta sostitutiva ed effetti fiscali

La disposizione prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP pari alle seguenti percentuali:

– 16% per i beni ammortizzabili;

– 12% per i beni non ammortizzabili;

applicata sui maggiori valori attribuiti ai beni.

Il versamento deve essere effettuato entro il termine previsto per il saldo delle imposte relativo al periodo d’imposta nel quale è eseguita la rivalutazione.

I valori dei beni rivalutati si considerano fiscalmente riconosciuti a partire dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in cui la rivalutazione è stata eseguita, ad esempio se la rivalutazione è perfezionata per l’esercizio 31 dicembre 2018 i maggiori valori iscritti sono riconosciuti dall’esercizio chiuso al 31 dicembre 2021 (per i beni immobili, a partire dall’esercizio 2020).

Nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa dei beni oggetto di rivalutazione precedentemente all’inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita (i.e. anteriormente al 1° gennaio 2022, per i soggetti “solari”), ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze in capo all’impresa disponente si considera il costo fiscale del bene ante rivalutazione.

Modalità di rivalutazione

Per quanto concerne le modalità di effettuazione della rivalutazione, valgono le disposizioni contenute nell’art. 11, legge n. 342/2000 e nel D.M. n. 162/2001, richiamati dall’art. 1, comma 946, legge n. 145/2018. Pertanto, come confermato dall’Amministrazione finanziaria, la rivalutazione potrebbe avvenire secondo una delle seguenti modalità:

1) rivalutazione del costo storico e del fondo di ammortamento: si mantiene inalterata l’originaria durata del processo di ammortamento (Metodo 1);

2) rivalutazione del solo costo storico: si determina un allungamento del processo di ammortamento, se viene mantenuto inalterato il precedente coefficiente, ovvero un incremento del coefficiente se si intende lasciare inalterata la durata del periodo di vita utile del bene (Metodo 2);

3) riduzione del fondo di ammortamento: tale metodo comporta lo stanziamento di ammortamenti su un costo analogo a quello originario (Metodo 3).

Ad esempio

Costo storico del bene mobile = 5.000 euro

Fondo ammortamento = 2.500 euro

Importo rivalutato = 2.000 euro

Aliquota di ammortamento = 10%

Imposta sostitutiva (16%) = 320 euro

Metodo 1

Rivalutazione del valore contabile a 6.500 euro (i.e. 5.000 + 1.500)

Riduzione del fondo da 2.500 a 2.000 (i.e. 2.500 – 500)

Metodo 2

Rivalutazione del valore contabile da 5.000 a 7.000 euro (i.e. 5.000 + 2.000)

Fondo ammortamento: 2.500 euro

Metodo 3

Valore contabile: 5.000 euro

Riduzione del fondo ammortamento da 2.500 a 500 euro (i.e. 2.500 – 2.000)

L’adozione di un metodo piuttosto che di un altro determina differenti conseguenze: occorrerà, pertanto, effettuare una valutazione ad hoc relativa alla specifica situazione. Qualunque sia il metodo adottato, il limite massimo della rivalutazione è rappresentato dal valore economico del bene (come previsto dall’art. 11, legge n. 342/2000, richiamato dalla legge n. 145/2018).

Affrancamento del saldo attivo

In linea con le precedenti disposizioni, la legge di Bilancio 2019 consente di affrancare il saldo attivo iscritto in bilancio in contropartita della rivalutazione (saldo imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva), mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP con aliquota del 10% da versare secondo le medesime modalità previste per l’imposta relativa alla rivalutazione.

Una volta affrancato, il saldo di rivalutazione è liberamente distribuibile ai soci, senza che ciò comporti un’ulteriore tassazione in capo alla società nel cui bilancio la riserva da rivalutazione risultava iscritta.

Conclusioni

Come avvenuto in passato, le imprese interessate sono chiamate ad effettuare una valutazione dei costi/benefici offerti dalla possibilità di procedere con la rivalutazione, considerandone l’eventuale attrattività anche in base al fatto che l’imposta sostitutiva è dovuta in un’unica soluzione e il diritto di ammortamento fiscale dei valori rivalutati decorrerà in generale solo dall’esercizio 2021.