IRAP: escluse le partite IVA con volume d’affari fino a 100.000 euro

Con un emendamento alla legge di Bilancio 2019, approvato dalla Commissione Finanze della Camera, arrivano chiarimenti sull’esatta definizione di autonoma organizzazione che porterebbe all’esclusione dall’imposizione IRAP delle partite IVA con volume d’affari fino a 100.000 euro.

Cos’è l’IRAP

Il presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive esercitate nel territorio delle regioni, istituita con il D.Lgs. n. 446/1997, è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
L’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta.

Autonoma organizzazione

L’imposizione IRAP si basa quindi sulla definizione di autonoma organizzazione che ai fini civilistici è però diversa da quella ai fini fiscali.
L’art. 2082 c.c. definisce infatti come imprenditore colui “che esercita professionalmente un’attività economica organizzata ai fini della produzione o dello scambio di beni e servizi”.
L’art. 55 TUIR definisce reddito d’impresa quello che deriva “dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c., e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d’impresa”.
Ancora ai fini IVA, l’art. 4, D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che, per esercizio di imprese, si intende “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile”.
In sintesi il fisco ha legato la soggettività dell’imposta al lavoratore autonomo che svolga le attività economiche ben specificate dal Codice civile, svincolando tale figura dal concetto di autonoma organizzazione, che passa dunque in secondo piano.
Così non è per la disciplina IRAP, il cui presupposto d’imposta è proprio l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata.
Ed è proprio sul requisito dell’autonoma organizzazione che si sviluppato un folto contenzioso tanto che dottrina e giurisprudenza hanno infine convenuto che:
– sono soggette ad IRAP tutte le attività d’impresa: “l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa d’impresa”;
– l’autonoma organizzazione di un’attività di lavoro autonomo deve essere valutata caso per caso, attraverso l’esame dei fattori produttivi ed organizzativi utilizzati nell’esercizio dell’attività stessa.

Giurisprudenza e prassi

L’Amministrazione finanziaria ha escluso dall’imposizione IRAP quelle attività che, pur potendosi astrattamente ricondurre all’esercizio di arte o professione, non sono esercitate mediante un’organizzazione autonoma da parte del soggetto interessato, come ad esempio l’attività di collaborazione coordinata e continuativa (circolare n. 141/E del 4 giugno 1998).
L’Agenzia delle Entrate, tenendo conto dall’orientamento della Corte di Cassazione, ha stabilito che l’autonoma organizzazione costituisce presupposto per l’assoggettamento a IRAP degli esercenti arti e professioni, ma che occorre individuarne gli elementi costitutivi (circolare n. 45/E del 2016). Inoltre, chiarisce che il requisito dell’autonoma organizzazione – oltre a dover essere accertato dal giudice di merito – sussiste in presenza di alcune condizioni. In particolare, affinché esista un’attività autonomamente organizzata, occorre che il contribuente:
– sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
– impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga, in modo non occasionale, di lavoro altrui.
Inoltre, ai fini dell’individuazione del requisito di autonoma organizzazione, in assenza di altri più significativi elementi, l’Agenzia ha ritenuto che bisogna ricorrere alla disciplina dei c.d. contribuenti minimi, cioè le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni che, al contempo:
1) nell’anno solare precedente:
– hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro;
– non hanno effettuato cessioni all’esportazione;
– non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori;
2) nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a quindicimila euro.
A prescindere dalla circostanza che il lavoratore autonomo si sia avvalso o no del regime, l’Agenzia ha ritenuto sia meglio non coltivare il contenzioso nei casi in cui l’artista o il professionista possa considerarsi “contribuente minimo”.
Alcune importanti sentenze della Corte di Cassazione del 2016, hanno chiarito ancora che:
– il medico che aderisce alla medicina di gruppo non è soggetto ad IRAP;
– costituisce presupposto IRAP l’esercizio in forma associata di un’arte o una professione;
– il presupposto dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente sia il responsabile dell’organizzazione, utilizzi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività oppure che si avvalga in modo non occasionale del lavoro altrui che superi la soglia di un collaboratore che svolga mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
Infine, una delle ultime importanti sentenze (CTP Macerata, sentenza 20 giugno 2018 n. 209/1/18) ha escluso da IRAP anche l’agente di commercio che, nell’esercizio della propria attività, utilizza, nel contempo:
– due autovetture;
– un immobile preso in leasing e locato a terzi.
Il possesso delle due autovetture è stato giustificato dal lavoro di agente di commercio plurimandatario per le Regioni dell’Italia centrale (che richiede continui e lunghi viaggi), mentre i canoni di locazione sono ricavi derivanti dall’esercizio di un’attività ausiliaria e, come tale, svolta dal soggetto senza “organizzazione di capitali o lavoro altrui”.
Tutta questa incertezza ha fatto si che qualora un professionista o un piccolo imprenditore ritenga di non essere assoggettato a IRAP, potrebbe:
– omettere di presentare la dichiarazione, e questo potrebbe portare ad un eventuale atto di rettifica dell’Ufficio;
– compilare la dichiarazione, e, successivamente, omettere il versamento, e questo potrebbe avere come conseguenza il ricevimento di una cartella di pagamento emanata a seguito di liquidazione automatica;
– presentare la dichiarazione ed eseguire il versamento, proponendo, successivamente, un’istanza di rimborso.

Cosa prevede la legge di Bilancio 2019

Fino ad oggi quindi, con il susseguirsi delle sentenze, la Suprema Corte di Cassazione non è pervenuta a conclusioni univoche sul concetto di autonoma organizzazione. Si sente fortemente la necessità di una norma che chiarisca, in modo definitivo, tale definizione, in particolare, ai fini della non assoggettabilità dei professionisti, degli artisti e dei piccoli imprenditori all’IRAP, anche mediante l’identificazione di criteri oggettivi che si adeguassero ai consolidati principi desumibili dalla fonte giurisprudenziale.
È quello che, in definitiva, sta cercando di fare la legge di Bilancio 2019. Un emendamento approvato nel corso dei lavori parlamentari introduce il comma 1-ter all’art. 2, D.Lgs. n. 446/1997 con cui si chiarisce che non sussiste autonoma organizzazione nel caso di un lavoratore autonomo che:
– abbia un volume d’affari non superiore a 100.000 euro;
– abbia spese per il personale dipendente, consulenze a terzi e beni strumentali non superiori il 50%dei compensi percepiti;
– non abbia impiegato nell’attività più di un lavoratore dipendente a tempo pieno o due dipendenti a tempo parziale.
Questa puntuale precisazione porterebbe dunque a delle concrete certezze e quindi ad un arresto del contenzioso, anche di quello indiretto legato alla dichiarazione IRAP.